Chiara Palermo, la scelta etica-estetica dell’eco-designer nel passaggio dall’ideologia occidentale della crescita e dei consumi all’acquisizione di modelli di vita eco-sostenibili.
di Serafino Caggiano
Tutte le cose necessarie e costruite con tanto amore conducono una vita propria, emergono in un paese sconosciuto e nuovo e di qui tornano indietro con noi (Bloch 1980, 14).
La crisi economica, esplosa in questi ultimi anni nelle società occidentali, ha rivelato la fragilità di un sistema fondato su un’idea di crescita e di sviluppo incentrata sull’aumento progressivo ma inarrestabile dei consumi, su speculazioni finanziarie finalizzate ad accrescere interessi particolari di pochi piuttosto che per il bene comune e sull’uso indiscriminato di forza lavoro e di risorse naturali, con conseguenti ricadute mondiali sui sistemi sociali e sull’ambiente.
A fronte di tale paradigma si fa sempre più impellente e legittimo scegliere vecchi e nuovi modelli di vita eco-sostenibili allo scopo di darsi e di dare nuove forme al vivere, ristabilendo un equilibrio vitale che sembra ormai compromesso o a forte rischio. Si auspica una volontà di mutamento, scevra da ideologismi di qualsiasi tipo, mostrando che «la qualità della vita non dipende esclusivamente dal PIL» (cfr. M. Pallante, 2007; S. Latouche, 2003 – 2012), ma da valori come la solidarietà, la reciprocità, la convivialità e il dono. Politica, etica, estetica ed arte in tale prospettiva sono sempre più chiamate a svolgere scelte ed azioni sinergiche per un rinnovamento autentico delle nostre esistenze che sono da considerarsi «ambiti di esperienze vitali fatte di relazioni e di scambi, in un sistema aperto all’alterità, intesa in senso ampio e globale» (cfr. Marchesini, 2003).
L’eco-designer Chiara Palermo chiama così in causa l’estetica perché, ponendosi tra arte e funzione mostra come oggetti dismessi e materiali di scarto possono assumere nuova luce, forma e utilità, facendo appello alla creatività, al disegno, alle capacità tecnico-plastiche di ognuno di noi, partendo da un’esperienza conoscitiva e piena qual è quella estetica, che consente un’attenzione, un coinvolgimento pieno e selettivo, un’intensificazione dell’energia e un ampliamento delle capacità cognitive dell’uomo, che non è di esclusiva pertinenza dell’arte ma di ogni attività umana (cfr. J. Dewey, 2007).
Il ruolo svolto da Chiara Palermo ha inoltre anche una valenza etica, che si manifesta nella scelta consapevole e responsabile del suo lavoro a favore dell’eco-sostenibilità del prodotto, attivandosi in vari modi per una proposta culturale del ri-uso e dell’auto-produzione di beni e strumenti. In tale contesto propone di rinnovare i processi di produzione industriale e le abitudini comportamentali, di adottare strategie progettuali volte al controllo dell’intero ciclo di vita dell’oggetto con elementi o sub-elementi monomateriali (facilitandone la separabilità) e di impiegare risorse locali (riducendo i costi di trasporto), piuttosto che di incrementare la filosofia del consumo. L’eco–designer segue il principio “form follow function”, come il design in generale, ma i prodotti così ideati sono flessibili e durevoli, modulari o multifunzionali, adattabili o riciclabili (cfr. S. Barbero, B. Cozzo, 2009). Concludendo «Salvare gli oggetti dalla loro insignificanza o dal loro uso puramente strumentale vuol dire comprendere meglio noi stessi e le vicende in cui siamo inseriti, giacchè le cose stabiliscono sinapsi di senso sia tra i vari segmenti delle storie individuali e collettive, sia tra le civiltà umane e la natura. Esse vivono se siamo capaci di sviluppare e di rendere quasi spontanea una semeiotica analoga a quella dei medici: di riconoscere, in ciò che ci sta a cuore, la sua storia in rapporto all’uomo e la sua provenienza in rapporto alla natura» (R. Bodei, 2009, 117).
Serafino Caggiano, laureato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, è ideatore e curatore, nel tempo libero, di eventi artistici e culturali.